Gli avvenimenti delle ultime settimane hanno sconvolto numerosi equilibri, in modo particolare nel mondo occidentale. Lo sport, la danza, il teatro, il commercio di grano, zucchero, gas e benzina sono solo alcuni tra i settori che hanno risentito maggiormente di ciò che accade nell’est dell’Europa. Un mutamento di cui si sente meno parlare, ma che riveste una fondamentale importanza per il nostro lavoro, riguarda il mondo delle ceramiche. Il distretto produttivo di Sassuolo e dei suoi dintorni, infatti, contava sulle materie prime provenienti dal Donbass per il 25%.
L’ultimo carico di argilla e di caolino provenienti dal Donbass sono arrivati poco prima del 23 febbraio al porto di Ravenna, punto di smarcamento per le materie prime dirette verso i distretti principali dell’Emilia Romagna (Modena, Sassuolo e Faenza).
Dover rinunciare a ¼ delle materie prime che, fino a poco tempo fa, costituiva la miscela per la produzione di piastrelle significa dover lavorare principalmente su due fronti:
- Da un lato è necessario trovare un’alternativa compatibile e competitiva;
- Dall’altro è fondamentale ideare una nuova ricetta, ovvero una formula innovativa che consenta di mischiare differenti argille con diversi caolini e feldspati. La ricetta attuale, infatti, risulta vincente solo utilizzando quelle determinate materie prime, caratterizzate da composizione e proprietà uniche.
Le città di cui oggi sentiamo maggiormente parlare – Mariupol e Odessa – avevano negli ultimi anni incoraggiato l’esportazione di queste materie prime. Attraverso la definizione di una logistica che supportasse il passaggio di grandi tir dalle cave ai porti, infatti, nel 2021 al porto di Ravenna sono sbarcate più di 5 milioni di tonnellate di materie prime.
Perché le argille provenienti dal Donbass sono così preziose?
Le materie prime provenienti dal Donbass sono estremamente preziose per via delle loro caratteristiche tecniche: in primis, hanno una forte “tenacità in crudo” che significa che hanno una maggior resistenza e coesione rispetto alle argille provenienti da altri Paesi.
Sono inoltre particolarmente adeguate per produrre le piastrelle di grandi dimensioni e con spessori sottili, ovvero tutte quelle piastrelle che, negli ultimi anni, sono state più amate e richieste dal mercato.
Cosa potrebbe cambiare nella produzione delle nuove piastrelle?
Già da inizio febbraio i tecnici e i chimici delle fabbriche del distretto ceramico avevano intuito che le tensioni dell’est Europa avrebbero portato numerose conseguenze anche nel mondo delle piastrelle e, per questo, si sono da subito messi al lavoro per ideare nuove formule e nuove ricette.
Il segretario generale del sindacato dei lavoratori ceramisti, tessili e chimici della zona di Modena e Reggio Emilia ha affermato che molte delle prove fatte fino ad oggi stanno andando bene, ma che gli equilibri da raggiungere sono complessi. L’obiettivo finale è quello di formulare una nuova ricetta per avere una piastrella che, mantenendo alte le sue qualità, riesca anche a risultare esteticamente impeccabile.
Dove si potrebbero trovare nuove materie prime?
Nuove argille possono essere trovate all’estero in Germania, Francia, Austria, Turchia, Portogallo e, nella nostra Italia, in Sardegna e in Piemonte. Nuove collaborazioni, tuttavia, non richiedono un impegno solo a livello commerciale (contratti, organizzazione, tempistiche), ma anche a livello infrastrutturale (come portare il materiale in Emilia Romagna?). È inutile sottolineare l’evidente aumento dei prezzi proveniente da tutti questi enormi cambiamenti.
Quali sono le tempistiche del cambiamento delle piastrelle?
Nonostante gli effetti degli avvenimenti delle ultime settimane siano palpabili in numerosi aspetti della nostra quotidianità, è impossibile prevedere come evolverà la situazione. L’ultimo carico arrivato da Mariupol dovrebbe bastare per circa due mesi, ma la realtà è che, anche qualora gli equilibri tornassero alla normalità nei prossimi giorni, ci vorrà diverso tempo prima che tutti gli ingranaggi (lavoratori, infrastrutture, compagnie di trasporto) tornino a funzionare al 100%.
Oltre alla problematica delle materie prime, inoltre, è bene evidenziare che le fabbriche stanno affrontando una crisi energetica: i prezzi del gas, fondamentale per alimentare i forni che cuociono le piastrelle, costa circa 8 volte di più rispetto all’anno scorso. Questa maggiorazione ha costretto alcune aziende a spegnere i forni (sarebbe più costoso lasciarli accesi piuttosto che smettere di produrre), altre a procedere con l’attivazione della cassa integrazione fino alla fine dell’anno.